Chi è Charles Ponzi, l’uomo dietro la più clamorosa truffa della storia, in grado di dare il nome a un intero tipo di crimini?
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L’università: una vacanza di quattro anni
Charles Ponzi, nasce a Lugo, vicino a Ravenna, nel 1882. A quei tempi, ovviamente, si chiama ancora Carlo. Si sa poco della sua infanzia in Italia, dato che le informazioni provengono perlopiù da Ponzi stesso, e non combaciano sempre tra di loro, o con la realtà in generale. Altre fonti sono le accuse di presunte vittime, o articoli. In ogni caso le seguenti informazioni sono tratte da vari giornali dei tempi e dalla creativa autobiografia di Charles Ponzi.
Subito dopo la nascita di Ponzi, la sua famiglia si trasferisce a Parma, dove hanno parenti. Ponzi dichiarerà in un’intervista che la sua era famiglia ricca caduta in disgrazia. Dopo aver fatto qualche lavoretto a Parma, si trasferisce a Roma e si iscrive a La Sapienza, dove studia per qualche anno senza laurearsi. Inoltre inizia a frequentare locali costosi e a darsi alla bella vita.
“Per me l’Università era una vacanza di quattro anni […] ero diventato uno spendaccione.” A Roma Ponzi lavora come cameriere per finanziarsi gli studi e i divertimenti. Ma il suo stile di vita è troppo dispendioso, e a noi italiani non piace dare troppe mance, quindi il bilancio diventa velocemente negativo. Nel 1903, quando sta per finire i soldi, abbandona l’università e si imbarca sul SS Vancouver, un mercantile diretto verso gli Stati Uniti.
“Le strade, là, sono lastricate d’oro.” Gli scrive la madre in una lettera prima della partenza. “Diventa ricco velocemente e torna subito.”
Charles Ponzi, punkabbestia senza cane
Durante il viaggio in nave, Charles Ponzi perde i suoi ultimi 200 dollari giocando a carte. Il suo arrivo in America in un’intervista al New York Times sembra un sogno. Quando scende a Boston, ha solo “Due dollari e cinquanta in tasca, ma un milione di dollari speranze.”
Nella sua autobiografia la storia è un po’ diversa. Racconta che allo sbarco aspetta il treno per Pittsburgh (la sua meta) per tutta la notte, all’aperto, congelando. Arrivato a New York, mentre si affretta a scendere dal treno viene arrestato da un poliziotto per il suo correre in modo sospetto. Alla fine l’agente capisce l’equivoco e lo lascia andare, ma la prima impressione non è ottima.
Ponzi raggiunge Pittsburgh e si mette a cercare lavoro. Racconta di essere sempre stato un persona piccola e poco muscolosa: il lavoro fisico non fa per lui. Inoltre non parla inglese e i suoi studi accademici sono inutili in America.
Dopo qualche ricerca, trova lavoro come lavapiatti in un ristorante. La paga è quasi nulla, ma in compenso il proprietario gli concede di dormire sul pavimento della cucina in cambio di dare un’occhiata al locale. Ponzi sopporta e intanto impara a parlare fluentemente in inglese e, grazie al suo carisma, riesce a farsi promuovere a cameriere.
Gli americani danno qualche mancia in più, ma il costo della vita è più alto. Ponzi risolve il problema truffando i clienti sul resto, ma il proprietario lo scopre e lo caccia.
Charles Ponzi inizia a girovagare per la costa orientale degli Stati Uniti, da Boston fino alla Florida, facendo i lavoretti più disparati. Di solito cerca di truffare in qualche modo i clienti e quando viene scoperto cambia aria.
Charles Ponzi va in Canada
Nel 1907 Charles Ponzi è di nuovo a Boston. Non ha un dollaro in tasca e si è stancato di girovagare per fare il cameriere. Nel frattempo, però, ha imparato il francese parlando con degli immigrati. Per mettere a frutto la sua nuova abilità decide di tentare la fortuna in Canada.
Giunto a Montreal, Charles Ponzi riesce a farsi assumere come cassiere al Banco Zarossi, un nuova banca in rapida crescita. Grazie al carisma e al fatto di parlare tre lingue, ha successo nel lavoro e diventa ben presto amico personale di Luigi Zarossi, il direttore.
La sua banca offre interessi del 6%, il doppio rispetto alle altre banche di Montreal, e sempre più persone gli affidano i risparmi. E a questo punto, la “storia ufficiale” raccontata dai giornali e la versione di Ponzi, scritta nella sua autobiografia, iniziano a divergere parecchio. Come già detto, Ponzi era affascinante, bravo a inventare storie e, stando alla qualità della sua autobiografia, dotato di buone capacità letterarie. La sua versione è bellissima, ma molto probabilmente falsa.
Ma andiamo con ordine. Secondo le ricostruzioni dei giornali, Zarossi non starebbe investendo i soldi dei risparmiatori in attività redditizie. Si limiterebbe a fare prestiti senza garanzie ad amici e parenti. Per pagare gli interessi ai vecchi risparmiatori, usa i soldi depositati dagli ultimi arrivati. Fondamentalmente sta usando uno schema Ponzi, prima che il nome diventasse famoso.
La cosa, ovviamente, non può durare. La banca fallisce, Zarossi mette in valigia gli ultimi soldi dei risparmiatori, e fugge in Messico.
Charles Ponzi scrittore: la storia di Zarossi
Charles Ponzi ci restituisce uno Zarossi più umano e vittima del destino, rispetto al bieco truffatore descritto dai giornali. Secondo Ponzi, Zarossi sarebbe stato ingannato da parassiti e falsi amici che, scoperta la sua fortuna, avrebbero iniziato a chiedergli prestiti e finanziamenti millantando attività redditizie in Canada, Usa e Messico.
Zarossi, incapace di dire no agli amici, avrebbe perso i soldi investiti, ma a questo punto interviene Ponzi, che gli presenta un suo vecchio compagno di università molto ricco, appena giunto in Canada. Il suo vecchio amico è un delinquente, ma ha fatto molti soldi in Italia, e decide di finanziare la banca di Zarossi.
Quando la banca fallisce (Ponzi dà la colpa, tra l’altro, alla distruzione delle proprietà della banca in Messico causate dalla rivoluzione… che però scoppia l’anno dopo il fallimento della banca), l’amico convince Zarossi a fuggire.
Gli propone di creare prove che lo attestino come il maggior creditore, a farsi affidare i soldi rimasti per ripagare gli altri risparmiatori al 2% e poi dividersi in due i soldi rimasti. Zarossi, disperato, accetta e, per dargli i soldi senza prendersi colpe, firma un assegno di un suo sottoposto a nome falso.
Charles Ponzi in carcere
Zarossi è fuggito e ha affidato a Ponzi la sua famiglia: moglie e quattro figlie. Ponzi inizia una relazione con la figlia maggiore, e fa i lavoretti più disparati per mantenere la sua nuova famiglia. Alla fine organizza una truffa.
Sfruttando la propria amicizia con Zarossi, si intrufola in una filiale rimasta aperta, ruba un libretto degli assegni e se ne firma uno da cinquemila dollari a nome falso. Secondo Ponzi sarebbe stato il suo vecchio compagno di Università a firmare l’assegno, dopo averlo convinto a provare a ritirarlo in un’altra banca non informata del fallimento.
Scoperto dalla polizia, viene arrestato e incarcerato. In prigione avrebbe incontrato di nuovo Zarossi, appena catturato ed estradato dal Messico. Il suo amico delinquente lo avrebbe denunciato per l’assegno falso e si sarebbe costituito come parte lesa, fregandolo.
Ponzi, mosso da pietà per il vecchio Zarossi, si prende la colpa anche del suo assegno falso per lasciarlo andare. Al di là dell’improbabile veridicità della storia, Ponzi confessa davvero di aver rubato e falsificato gli assegni e viene condannato a tre anni di carcere.
Ponzi descrive il carcere di Saint Vincent come un luogo orribile, una vecchia prigione dei tempi delle colonie. I detenuti dormono su sacchi pieni di foglie secche e parassiti di ogni genere, e passano le giornate ai lavori forzati in una cava.
Le guardie, tuttavia, sono severe ma ragionevoli. Ponzi si dà da fare e viene promosso da minatore a cuoco, e infine, vista la sua esperienza da cassiere e segretario, viene messo a scrivere i rapporti dettati dai secondini.
In una lettera alla madre, invece di raccontare il suo arresto, scrive che ha trovato un nuovo lavoro: assistente speciale di una guardia carceraria.
Dopo tre anni viene rilasciato e decide di averne abbastanza col Canada.
Ponzi ritorna in America (e in carcere)
Charles Ponzi racconta di aver chiesto lavoro a un suo ex collega del Banco Zarossi. Ma la sua fedina penale ormai sporca gli impedisce di essere assunto in una banca canadese. Il suo ex collega, allora, gli consiglia di tornare in America. La sua banca ha finanziato la costruzione di una ferrovia in un paesino a nord di New York, al confine del Canada. Ha molti contatti sul luogo, e può mettere una buona parola per farlo assumere.
In cambio gli chiede di accompagnare cinque suoi amici, appena arrivati dall’Italia, che devono raggiungere il cantiere, ma non parlano inglese. I cinque immigrati italiani si rivelano clandestini e Ponzi viene fermato come trafficante di esseri umani. Inoltre inizia a litigare con l’ispettore immigrazione, che non li avrebbe avvisati ai controlli di confine per arrestarli una volta scesi.
Strillare insulti in pubblico a un poliziotto, anche quando hai ragione, raramente dà buoni risultati. Ponzi viene arrestato e condannato a due anni, mentre i suoi cinque amici clandestini, vengono rilasciati dopo meno di tre mesi (per vedere metodi più di successo per trasportare cose illecite oltre il confine, date un’occhiata a questo articolo. D’accordo, parla di droghe, ma la maggior parte dei metodi sono applicabili anche alle persone. Probabilmente)
Dalla parte della legg- ah, invece no
Di nuovo, Charles Ponzi non si fa prendere dalla sfiducia, e grazie alla sua parlantina e a tutte le lingue che conosce, diventa ben presto assistente dei secondini. Il suo compito sarebbe smistare la posta dei carcerati, ma le guardie vorrebbero che li aiutasse con un detenuto. Ignazio “The Wolf” Lupo, un capo mafioso, starebbe comunicando con i suoi scagnozzi fuori dal carcere, scambiandosi messaggi in dialetti italiani, incomprensibili per le guardie.
Lupo, secondo Ponzi, è “Una versione più vecchia di Al Capone. Come Capone è stato condannato a 11 anni per evasione, Lupo era stato condannato a 30 per falsificazione.” Secondo Ponzi, la pena esageratamente alta, sarebbe stata per punirlo dei crimini che la polizia era convinta che avesse perpetrato. Tra i tanti, l’omicidio in Sicilia, di Joe Petrosino, celebre detective antimafia italo-americano.
Sempre secondo Ponzi, Lupo era innocente, e i due diventano compagni di cella e amici. Nell’ultimo anno di galera, Ponzi viene messo a lavorare in un ufficio fuori dal carcere durante i fine settimana. Qui conosce Charles Morse, un detenuto ex imprenditore ricchissimo, arrestato per truffa finanziaria.
Morse insegna alcuni trucchi del mestiere a Ponzi, prima di farsi rilasciare dopo aver simulato di essersi preso la malaria mangiando schiuma da barba. Morse, in seguito, ottiene la grazia per curare la propria finta malattia e taglia la corda.
Uscito dal carcere, Ponzi scopre la sua nuova vocazione: impresa e finanza. Purtroppo la vita, per ora, ha in serbo un piano diverso.
Charles Ponzi viene sbucciato
Ponzi si sposta in un paesino fuori da Atlanta e si mette a lavorare per il comune. Qui ha un’idea per un nuovo business: rifornire la città di acqua ed elettricità. Ponzi non è un ingegnere, ma come sempre la sua parlantina gli viene in aiuto e riesce a convincere il comune a farsi affidare il progetto. Mentre prepara i lavori, una delle abitanti resta ferita dallo scoppio di una stufa. È ancora viva, ma completamente ustionata. Se non riceverà un trapianto di pelle non durerà molto.
Ma gli abitanti del paese non sono ben disposti a farsi sbucciare per aiutare una giovane appena arrivata. Ponzi è scandalizzato: basterebbe che una ventina di persone si facessero togliere qualche centimetro quadro di pelle per salvarla senza che nessuno si faccia male.
Ma gli abitanti del paese sono irremovibili. Ponzi allora si propone come unico volontario e si fa strappare una buona porzione di pelle dalla schiena. “Abbastanza da rivestire due valige,” ricorda nella sua autobiografia. Il gesto gli dà fama, ma l’intervento è più invasivo di quanto previsto. Ponzi si ammala e perde il lavoro presso il comune.
Il matrimonio
Charles Ponzi continua a cambiare città e lavoro. Nel 1914 si trasferisce in Alabama dove fa il pittore di cartelli e insegne. Poi trova posto come bibliotecario alla facoltà di medicina di Mobile. I suoi racconti sul lavoro all’università sembrano usciti da una versione di Animal House ancora più scorretta e razzista.
Gli studenti di medicina gli fanno scherzi come liberare cavie da laboratorio (“infettate di colera” dice Ponzi) dentro la biblioteca. Una volta gli mettono nel letto il cadavere di un afroamericano trafugato dall’obitorio. Ponzi liquida gli avvenimenti come “Uno scherzetto dopo l’altro. La vita all’università è così.”
Continua le sue peregrinazioni tra Florida e Texas, dove fa tra l’altro il minatore e il venditore, e alla fine torna a Boston dova lavora come cassiere presso la ditta di J. R. Poole. Qui conosce e si innamora di Rose Gnecco, una ragazza di origini italiane. La madre di Ponzi, scoperto l’affare, scrive alla ragazza per dirle la verità sui crimini di suo figlio. Ma a Rose non interessa e, otto mesi dopo, nel 1918, i due si sposano.
La nascita dello schema Ponzi
Ponzi ora ha famiglia e tenta una nuova serie di lavori leggermente più onesti di prima. Pensa che la pubblicità è il futuro, e decide di creare un almanacco che le aziende possono pagare in cambio di spazio pubblicitario. Inizia a spedire proposte a varie aziende in tutto il mondo. Inoltre cerca soldi per far partire la stampa: prima dal suo nuovo padrone, J. R. Poole, poi da diverse banche. Ma tutti rifiutano.
In seguito, prende le redini dell’azienda del suocero, ma fa scelte sbagliate e l’azienda fallisce nel giro di un anno. È il 1919 e Ponzi siede nel suo ufficio, intento ad architettare un nuovo modo per fare soldi. L’idea gli “cade sulla testa come una mela matura. Senza neanche bisogno di scuotere l’albero.”
A fine giornata gli arriva una lettera da un’azienda spagnola. Chiede informazioni riguardo l’almanacco pubblicitario di cui gli ha scritto mesi prima. Assieme alla lettera c’è un IRC, un buono da cambiare per un francobollo per spedizioni internazionali.
Ponzi sa come funzionano le spedizioni internazionali. In Spagna, come in quasi tutti i paesi del mondo, è vietato comprare francobolli stranieri. Allo stesso modo, in America non si possono usare francobolli spagnoli. Per risolvere il problema si usano gli IRC.
Ma il prezzo degli IRC varia di paese in paese. E in Spagna c’è appena stata una crisi economica causata dalla guerra. In questo modo, ogni IRC comprato in Spagna e riscattato in Usa gli frutterebbe 5 centesimi (un guadagno potenzialmente decente, per l’epoca). Ma ci sono paese la cui moneta è stata svalutata ancora di più.
La cosa interessante è che Ponzi non tenterà mai di mettere in pratica questo piano. Il suo obbiettivo è raccontare alle persone la sua idea e convincerle a investire. Nasce così lo Scema Ponzi.
Securety Exchange Company: una compagnia non sicura che non effettua cambi
Ponzi crea una nuova società, la Security Exchange Company. Affitta un nuovo ufficio, ma è senza soldi e prende i mobili a credito. Propone l’affare alle varie banche di Boston. Dopo l’ennesimo rifiuto di prestito, decide di puntare ad investitori privati.
Quando si ritrova con amici o passanti nei bar o in giro per la città, fuma sigari costosi e parla con noncuranza del suo nuovo business, ma non propone affari a nessuno. Poi sparisce all’improvviso dicendo di avere un appuntamento di lavoro con [nome di banchiere/riccone locale].
Ponzi continua con questa commedia finché la gente, incuriosita, non gli chiede di più sul suo nuovo lavoro. Ponzi allora sbuffa e, come se non avesse troppa voglia di parlarne (in fondo è lì per stare con gli amici) inizia a spiegare il piano degli IRC.
Vanta di aver assunto un network di agenti nei paesi europei più colpiti dalla crisi. Nel suo ufficio dice di aver ammassato già migliaia di dollari in IRC. Ovviamente sono tutte bugie: Charles Ponzi non assumerà mai un singolo agente in Europa, e in tutta la sua carriera compra poco più di 60 dollari in IRC.
Ma la gente ci casca lo stesso.
Il mondo è pieno di gonzi
Prima della fine dell’anno Charles Ponzi comincia a guadagnare sul serio: centinaia di migliaia di dollari. A questo punto decide di investire i soldi nella propria commedia. Ripaga la prima tornata di investitori come promesso. La notizia si diffonde e un sacco di gente inizia a contattarlo per dargli i propri risparmi.
Per allargare il giro, Ponzi assume degli agenti per proporre l’affare anche in altre città. Offre un buono stipendio e un bonus del 10% sugli investimenti che riescono a tirare su. In breve un piccolo esercito di persone inizia a lavorare per lui. Apre nuovi uffici in New Jersey e in Maine, e guadagna il suo primo milione di dollari, che raddoppia nel giro di un mese.
La notizia del suo incredibile schema e le promesse di arricchirsi velocemente colpiscono anche le più alte sfere di Boston. Nel gennaio del 1920 il 75% dei poliziotti di Boston ha investito il proprio denaro nella sua società. Ponzi non si fa problemi, poi, a prendere soldi anche da amici stretti e parenti, come il fratello di Rose Gnecco che gli affida migliaia di dollari.
Charles Ponzi e il sogno americano
Ponzi inizia a vivere come un monarca decadente. Compra uffici, una barca di lusso e delle limousine. Fa venire sua madre dall’Italia e le compra una casa (ma l’anziana donna muore pochi mesi dopo per malattia). Acquista nuove società, una banca, e si espande in altri settori. Rileva anche la vecchia azienda per cui lavorava e J. R. Poole, da capo che gli rifiutava i prestiti, diventa un suo dipendente.
Usa le nuove aziende e la banca che controlla per concedersi altri prestiti e darsi a lussi ancor più sfrenati. Acquista una villa a vista mare e ci si trasferisce assieme alla moglie. Si veste con abiti firmati e passeggia con un bastone dall’impugnatura d’oro. “Più compravo cose, più volevo comprarne. Era una mania.”
Da povero immigrato e carcerato è diventato un uomo d’affari famoso e rispettato da tutti. Il sogno americano si è avverato.
Ma a febbraio iniziano i problemi. Le poste cambiano il tasso di conversione degli IRC. Dichiarano che la scelta non c’entra nulla con il nuovo schema di Charles Ponzi, ma aggiungono che una tale impresa sarebbe impossibile.
Un quotidiano di Boston che prima aveva celebrato la sua società scrive un nuovo articolo con dei toni diversi. Secondo l’autore sarebbe impossibile monetizzare gli IRC o i francobolli in modo legale. E inoltre, con le cifre milionarie che Ponzi sta incassando, servirebbero centinaia di milioni di IRC, mentre in America, nel 1920, ne circolano solo poche decine di migliaia.
Ponzi risolve denunciando l’autore e chiedendo mezzo milione di dollari per diffamazione. Il gesto mette a tacere gli altri giornalisti sospetti, ma i guai continuano.
Caffè e ciambelle
A fine mese Charles Ponzi viene denunciato. Joseph Daniels, il venditore di mobili che gli ha arredato l’ufficio all’inizio dell’impresa, non è mai stato pagato e ora chiede un milione di dollari.
Ponzi vince la causa velocemente, ma la notizia che fino a pochi mesi prima fosse talmente squattrinato da non poter pagare nemmeno una scrivania e delle sedie desta dei sospetti. I giornali riferiscono il fatto e un esercito di investitori furenti assedia l’ufficio della Security Exchange Company. Ponzi esce tra la folla e offre caffè e ciambelle. Dice che chiunque vuole ritirare il proprio denaro è libero di farlo.
Ma prima, chiede di essere ascoltato per cinque minuti.
Dopo il suo discorso la maggior parte degli investitori si calma. Aiuta il fatto che i pochi che decidono di ritirare il denaro comunque, vengono profumatamente liquidati, aumentando la fiducia degli altri. Ponzi è salvo di nuovo grazie alla sua parlantina e al suo carisma. Ma ha bisogno di trovare una soluzione.
Nella sua autobiografia racconta di aver cominciato a comprare compagnie vinicole e società di import export di generi alimentari dall’Italia. Spera che questi business siano abbastanza redditizi da dargli il denaro per ripagare tutti. Ma le nuove società si rivelano dei buchi nell’acqua.
Solo contro tutti
La folla di investitori si è calmata, ma i sospetti della polizia si stanno facendo sempre più gravi. Tra marzo e luglio, l’ufficio di Charles Ponzi viene visitato da agenti di polizia che chiedono di poter vedere i bilanci.
Ponzi prende tempo. Spiega che la sua società ha una decina di uffici, ha bisogno di farsi inoltrare le carte da tutte le filiali per consegnare un quadro completo. Per mostrarsi più collaborativo dice che interromperà la raccolta di denaro per tutta la durata dell’operazione.
I poliziotti, un minimo soddisfatti, accettano e dicono che torneranno per i bilanci non appena Ponzi riceverà tutte le carte. E questo è un problema: Ponzi non ha mai tenuto un bilancio da quando ha fatto partire l’attività (che consiste, comunque, in niente di produttivo).
E qui accade la cosa più inspiegabile, per me, di tutta la faccenda. Charles Ponzi non scappa.
Forse pensa davvero di poter aggiustare la situazione, forse non ha capito la gravità delle accuse, forse gli piace troppo il successo e il rispetto degli altri. In ogni caso resta e rilascia interviste quotidiane in cui continua ad assicurare quanto il suo schema sia a prova di bomba.
Il colpo di grazia (assieme a una possibile spiegazione del fatto che non sia fuggito) arriva nell’agosto del 1920.
Charles Ponzi, idiota della finanza
La polizia continua a investigare, ma Ponzi riesce a nascondergli ogni crimine senza mai passare come non collaborativo. Dice ai giornali che “Gli agenti vogliono capire come faccio a monetizzare gli IRC, ma questo è il mio unico segreto.”
Intanto McManister, un agente pubblicitario che lavora per Ponzi, rovista tra le carte e scopre quello che gli agenti non hanno trovato. Il suo capo non ha investito un centesimo del denaro raccolto nell’acquisto di IRC. E inoltre usa le banche di cui è socio di maggioranza per concedersi prestiti con cui ripagare gli investitori.
McManister vende la storia al Boston Post per cui rilascia un’intervista, in cui definisce Ponzi “Un idiota della finanza […] incapace anche di fare due più due.” Dichiara che Ponzi ha tra i 2 e i 4 milioni di dollari di debiti ed è impossibile che restituisca tutto.
Riguardo le sue dichiarazioni ottimistiche ai giornali, dice: “Non mi meraviglio che Ponzi sia pieno di fiducia. Vede quello che sembra un flusso illimitato di soldi… dei clienti entusiasti dell’affare… degli “esperti” di Wall Street che, senza aver mai fatto niente del genere, offrono spiegazioni sulla sua “operazione” a prova di bomba – c’è da meravigliarsi se tutto questo gli ha dato alla testa?”
McManister non sarà l’unico a offrire una spiegazione de genere sul comportamento di Ponzi. Richard Ault, un detective dell’FBI, alla fine dell’indagine, dichiarerà che probabilmente alla base dei crimini di Ponzi ci fossero più brama di rispetto e narcisismo, piuttosto che avidità di denaro (non che sia necessariamente meglio).
La fine del sogno
Charles Ponzi denuncia McManister e il Boston Post, ma ormai “il castello di carte” (come lo chiama nella sua biografia) è crollato. I quotidiani iniziano ad attaccarlo e a frugare sul suo passato. Vengono pubblicate notizie riguardo ai suoi arresti a Montreal e ad Atlanta.
Ponzi rilancia dichiarando informazioni “riservate” sul suo business. Per monetizzare gli IRC utilizzerebbe dei suoi contatti presso governi stranieri. Visto che l’operazione andrebbe a danno delle poste americane, i suoi contatti vorrebbero mantenere l’anonimato.
Per la prima volta il pubblico sembra scettico alle sue creative spiegazioni. Il Chicago Tribune pubblica la notizia in prima pagina: “Ponzi rivela la sua pietra filosofale: 0+0=$”
Intanto il direttore di una banca di cui Ponzi era socio di maggioranza, scopre i prestiti a fondo perduto che l’imprenditore italiano ha concesso a sé stesso. Denuncia la scoperta alla polizia che inizia a raccogliere prove.
Il 12 agosto 1920 il governatore del Massachusset dichiara che la Security Exchange Company è indebitata per una cifra tra 3 e i 7 milioni di dollari e ordina l’arresto di Charles Ponzi per frode. Ponzi viene portato in carcere in attesa di processo, secondo i giornali dei tempi, “con un sorriso sicuro stampato sul viso.”
In seguito al suo arresto, falliscono sei banche e decine di imprese in tutti gli Stati Uniti, per un danno totale da venti milioni di dollari (quasi 250 milioni, oggi). Più del 95% delle persone e delle aziende che hanno fatto affari con Ponzi hanno perso tra il 70 e il 100% del denaro investito.
I processi di Charles Ponzi
Ponzi viene condotto in un carcere federale in attesa del processo per frode postale. La moglie lo convince a dichiararsi colpevole ed appellarsi alla pietà della giuria. La strategia funziona parzialmente e Ponzi viene condannato a soli cinque anni di carcere. Dopo tre anni e mezzo viene rilasciato per buona condotta. Ma viene subito riarrestato dalla polizia statale del Massachusset e processato per furto.
Ponzi non ha un soldo e deve fare l’avvocato di sé stesso in tribunale. E, di nuovo, la sua parlantina lo trae momentaneamente d’impaccio. Secondo la sua difesa è già stato processato e punito per i suoi crimini: non è giusto un altro processo.
Viene assolto in primo e in secondo grado. In attesa del processo d’appello, che promette molto male, riesce a racimolare il denaro per pagarsi la cauzione. Cambia il suo nome in Charpon, e fugge in Florida. Qui si mette a vendere lotti “incredibilmente redditizi” (che ovviamente sono una palude senza neanche delle strade) agli abitanti meno svegli.
Scoperto, finisce di nuovo in carcere, ma paga di nuovo la cauzione e prepara un piano di fuga. Si taglia baffi e capelli, cambia di nuovo nome, e s’imbarca come marinaio su bastimento diretto in Italia. Ma un altro marinaio lo riconosce e avverte la polizia, che lo arresta poco prima della partenza della nave.
Viene portato in galera dove resta fino al 1934. Durante la sua pena continua a ricevere lettere di stima dagli investitori più tonti. Pensano che il governo li ha fregati, e ha incarcerato Ponzi perché troppo sveglio. Alcuni gli chiedono come mandargli soldi in carcere. Altri, più furbi, gli chiedono consiglio su come mettere su truffe del genere.
Charles Ponzi è finito, ma il suo schema ha appena cominciato.
Clandestino e deportato
Ponzi esce di galera nel 1934, ed è un uomo distrutto. È diventato grasso, calvo e molto più schivo con i giornalisti. Pochi mesi dopo degli ispettori dell’immigrazione passano a fargli visita. Ponzi, in America dal 1903, non ha mai pensato di prendere la cittadinanza, o anche solo un permesso di soggiorno.
Chiede l’intercessione del governatore del Massachusset, che però rifiuta. A fine anno, Ponzi viene rimandato in Italia. Rose Gnecco resta a Boston, in attesa che il marito trovi lavoro per pagarle il biglietto. Ma il momento non arriverà mai e nel 1937, Rose ottiene il divorzio. Accusata di aver intascato la fortuna di Ponzi (in realtà suo padre e i suoi fratelli hanno perso più di quindicimila dollari nello schema Ponzi), si trasferisce in Florida per evitare i rancori degli ex amici, e si risposa.
La morte di Charles Ponzi
Della carriera di Charles Ponzi in Italia ci sono due versione. Una mitica, avallata in successive interviste da Ponzi stesso. Ponzi, mentendo, avrebbe fatto carriera nel ministero della finanza sotto al fascismo. Scoperto come truffatore, avrebbe fregato due valigie piene di soldi per poi fuggire in sud America. Qui, cambiato nome, si sarebbe messo a lavorare in un aeroporto come traduttore.
L’altra versione, più realistica, lo vede chiedere aiuto a suo cugino, il colonnello Attilio Biseo. Biseo gli avrebbe trovato un posto ben pagato in Ala Littoria, l’Alitalia in versione Mussolini. L’azienda lo mette a lavorare come traduttore in un aeroporto a Rio de Janeiro.
In ogni caso, per qualche anno Ponzi se la passa bene ma, allo scoppiare della seconda guerra mondiale, Ala Littoria toglie le tende dal Brasile e lo lascia senza lavoro. Per un po’ arrotonda facendo il traduttore, ma i soldi sono pochi. In questo periodo scrive l’incredibile autobiografia che ho usato per fare il post. Il libro ha un moderato successo, ma non abbastanza da fargli risalire la china.
Viene colpito da un ictus che lo rende e cieco e muore nel 1949 in un ospedale per poveri di Rio de Janeiro. A un giornalista che intervista poco prima della morte dichiara: “Anche se la gente non ci ha guadagnato nulla, gli ho dato quel nulla a un buon prezzo. E senza cattiveria, dopo tutto. Gli ho dato il più grande show mai messo in scena in America dallo sbarco dei padri pellegrini! Credo che sia valsa la pena spendere quindici milioni per vedermi mentre lo portavo avanti.”
Chi ha inventato lo schema Ponzi?
Il fascino di Charles Ponzi è tale da essere metacriminale: lo schema Ponzi, infatti, non è una sua invenzione. Lo schema, ai suoi tempi, veniva chiamato “rob Peter to pay Paul”, derubare Pietro per pagare Paolo (Ala Littoria!). Anche i quotidiani dei suoi tempi, a volte, usano questa espressione.
A complicare le cose arriva il fatto che lo schema piramidale viene spesso chiamato impropriamente schema Ponzi. Le due truffe sono molto simili, ma non sono esattamente la stessa cosa. Nello schema piramidale, gli investitori sono pagati in base a quanti altri investitori riescono a portare. Nello schema Ponzi, invece le vittime hanno a che fare direttamente con l’azienda (e portare altri gonzi non è obbligatorio, ma solo consigliato).
In entrambi i casi i soldi raccolti non vengono investiti in nessuna attività redditizia, ma usati (in minima parte) per pagare qualche gonzo fortunato in modo da convincere pi persone.
Esempi di schema Ponzi prima che lo facesse Ponzi, si possono vedere nelle imprese di Zarossi e di Morse, entrambi amici del nostro protagonista. Allora perché il suo nome è legato così tanto a questo tipo di truffa?
Ponzi è finito sui giornali, ha comprato delle banche e ha convinto tantissime persone. Non è stato il primo a fare una truffa del genere, ma è stato il primo a farla con una risonanza internazionale. E la gente hanno iniziato ad attribuirgli l’idea. Un po’ come tante persone pensano che Steve Jobs abbia inventato il mouse.
(Ovviamente non voglio paragonare Steve Jobs a Charles Ponzi. Jobs non ha mai rubato idee altrui per spacciarle per proprie, non ha mai mentito agli investitori millantando capacità tecniche che non aveva, e non ha mai abusato degli amici solo per appagare il suo narcisismo smisurato. Giusto?)
Schemi Ponzi prima di Charles Ponzi
Come già detto, più di una persona prima di Charles Ponzi ha tentato truffe del genere. Nonostante nessuno sia salito agli onori della cronaca come lui, ci sono diversi personaggi che meritano una menzione onorevole.
- Joseph Smith. Il fondatore della chiesa dei Mormoni avrebbe organizzato una truffa simile per finanziare le proprie attività religiose. La sua società, la Kirtland Safety Society sarebbe fallita nel 1837 dopo aver sperperato il denaro degli investitori.
- Charles Dickens, il celebre autore di Oliver Twist, che ha dato il nome a un intero genere di romanzi. No, non era un truffatore, ma molti dei personaggi dei suoi romanzi, sì. Nel romanzo Martin Chuzzlewit (1844) il protagonista incontra un truffatore che propone uno schema simile a quello che farà Ponzi.
- Sarah Howe. Truffatrice americana che nel 1870 mette su un vero e proprio schema Ponzi rivolto esclusivamente alle donne: il Ladies’ Deposit Company. Viene arrestata nel 1880, dopo quasi 10 anni di attività, in cui ha truffato più di milleduecento donne per un totale di mezzo milione di dollari. Uscita dopo 4 anni di carcere, mette su truffe del genere in altri posti, sotto falso nome, ma senza molto successo.
Fare un elenco dei truffatori di successo che hanno tentato uno schema simile dopo l’arresto di Ponzi, non richiederebbe un altro articolo, ma un intero blog dedicato alla materia. Sono troppi.
Quindi cito solo Jan Pierre van Rossem, un sedicente guru della finanza belga che ha fregato più di 800 milioni. Il motivo per cui lo cito è che nel 1991, quando è stato arrestato e condannato, a un reporter che gli ha chiesto se il suo fosse uno schema Ponzi, ha risposto “è uno schema per fottere il sistema.”
La morale della storia
In conclusione la truffa si rivela di nuovo un grande equalizzatore sociale. E una delle carriere di preferenza di uomini che, nel bene e nel male, hanno lasciato il segno.
Quindi, se vi capiterà di vedere un povero immigrato che tenta di truffarvi, invece di arrabbiarvi, ricordate la storia di Charles Ponzi e fatevi un selfie assieme a lui. Potrebbe essere il prossimo genio della truffa che lascerà un’impronta indelebile nella storia del crimine e dell’umanità.